Che cos’è il magnesio? Il magnesio puro è un minerale brillante dal color argenteo, il suo simbolo chimico è Mg2+. Aldilà del suo utilizzo esterno, il magnesio è presente nel nostro corpo e partecipa alla sintesi di centinaia di enzimi, è fondamentale per assimilare fosforo, calcio e potassio. Il contenuto di magnesio nell’organismo è 1600-2300mEq, di cui la maggior parte è distribuita nel tessuto osseo e all’interno delle cellule. In un adulto sano, la concentrazione del magnesio nel siero è mantenuta attentamente tramite i processi di regolazione dell’omeostasi ed e compresa tra 0.65 e 1.05 mmol/L per il magnesio totale, mentre per lo ione di magnesio tra 0.55 e 0.75mmol/L di siero.
Le funzioni del magnesio? Innumerevoli! La prima funzione è sicuramente la più conosciuta, contribuisce a consolidare la formazione e sviluppo delle ossa, fondamentale nelle donne incinta e bambini. Il magnesio ha un ruolo importante sia nel sistema cardiovascolare che nervoso, ha effetto distensivo e calmante attenuando l’eccitabilità di nervi e muscoli, e contribuisce a regolare il Ph nel sangue, aiutando la regolazione del ritmo cardiaco.
Inoltre, il magnesio risulta essere il nostro alleato numero uno nella produzione di energia, interviene infatti nella coagulazione sanguigna e nel metabolismo dei lipidi, delle proteine e dei glucidi.
IL MAGNESIO NELL’ORGANISMO .. QUESTO SCONOSCIUTO? Come abbiamo accennato il magnesio è presente in grande quantità nel nostro corpo e in particolare nei muscoli. Infatti, nelle attività aerobiche e anaerobiche è fondamentale per la produzione di energia, nell’azione di contrazione e rilassamento dei muscoli. Senza il magnesio, la trasformazione dalle riserve energetiche in energia da utilizzare quando si inizia un allenamento non potrebbe avvenire correttamente.
CHE DISTURBI GENERA IL MAGNESIO? In generale, occorre prestare attenzione alla presenza di sintomi quali: malessere generale, stanchezza, nausea, inappetenza, debolezza muscolare, crampi addominali, tremori e mancanza di coordinazione, tachicardia ma anche depressione, irritabilità e insonnia.
Il magnesio contribuisce a ridurre il senso di affaticamento durante l’attività fisica e sportiva, agendo attivamente sull’acido lattico che tende ad accumularsi specialmente in sedute di allenamento più intense. Per questo motivo, questo minerale prezioso contribuisce anche a diminuire l’intensità dei dolori muscolari post allenamento.
In caso di carenza di magnesio, le prestazioni sportive possono risentirne, andando incontro a un’ossigenazione insufficiente, ritmo cardiaco elevato e forte senso di stanchezza. In generale, occorre prestare attenzione alla presenza di sintomi quali: malessere generale, stanchezza, nausea, inappetenza, debolezza muscolare, crampi addominali, tremori e mancanza di coordinazione, tachicardia ma anche depressione, irritabilità e insonnia.
Chi non deve prendere il Magnesio? L’integrazione è generalmente controindicata in caso di patologie renali; viene condotta sotto la supervisione medica, in pazienti con patologie cardiache, anemie emolitiche, ipotiroidismo, iperparatiroidismo e diabete non adeguatamente controllato dalla terapia farmacologica. Bisogna anche considerare che il Magnesio è un regolatore dell’attività neuromuscolare e normalizza il battito cardiaco.
Scopri come l’uso di medicinali provoca una carenza di magnesio e com’è possibile prevenire questo problema. Tra i Farmaci che aumentano l’escrezione, quindi la perdita di magnesio, sono compresi i diuretici, il farmaco antimicotico amfotericina B e il farmaco chemioterapico cisplatino. Uso cronico di un inibitore della pompa protonica (farmaci che riducono l’acidità gastrica). Il magnesio viene assorbito dall’intestino tenue per poi essere filtrato dai reni. Lo espelliamo soprattutto mediante le urine, ma anche con le feci e con il sudore.
Esistono effetti negativi delle statine? I pazienti che assumono statine vanno spesso incontro a effetti collaterali quali disturbi gastrointestinali, atralgia, mialgia e disturbi del sonno. Questi, tuttavia, potrebbero non essere causati dalle caratteristiche molecolari del trattamento ma dal fatto stesso di assumerlo. Pur essendo una sostanza buona se accumulata in eccesso può risultare dannosa per il corpo umano. Questo accumulandosi infatti si ferma sulle pareti delle arterie (i vasi sanguigni che trasportano il sangue dal cuore alle altre parti dell’organismo) sotto forma di placche e portando il paziente ad aterosclerosi. La miotossicità indotta da statine si presenta come affaticamento, dolore muscolare, dolorabilità, debolezza muscolare, crampi notturni o dolore ai tendini. In sintesi, quindi, i ricercatori hanno dimostrato che le statine non provocano disturbi ai muscoli. La “mialgia da statine” è un dolore muscolare che si sviluppa in un 10% dei pazienti utilizzatori di statine. Una percentuale considerata molto bassa. Il dolore si manifesta come stanchezza muscolare e crampi improvvisi, spesso notturni. La mialgia da statine è dovuta all’azione delle statine che interferiscono con la sintesi del colesterolo. Il dolore muscolare associato all’utilizzo delle statine è spesso amplificato per una sorta di effetto “nocebo”. Le statine attualmente in commercio, come testimoniato da studi pubblicati su importanti riviste scientifiche (British Medical Journal, European Heart Journal) possono sì dare problemi muscolari, ma si tratta di una percentuale non elevata della popolazione (tra il 10-12% secondo alcune ricerche e anche intorno al 7% secondo altri studi).
Molto spesso invece i dolori muscolari, non affatto legati all’utilizzo delle statine, dipendono da altre cause come, ad esempio, l’invecchiamento, artrosi, mialgie su base infiammatoria o lo stress ossidativo.
Dunque per verificare la situazione, il consiglio è quello di eseguire un esame del sangue per la valutazione del livello di CPK (creatinfosfochinasi, un enzima presente nel muscolo cardiaco, nel cervello e nel tessuto muscolare scheletrico, ndr) che potrebbe indicare una sofferenza muscolare.
Nel contempo bisogna però, con onestà, considerare che il sistema sanitario ci dice che l’età di circa settanta anni di vita è quella in cui hanno “scoperto” che si sviluppa il diabete e, per questo, spesso e volentieri vengono applicate terapie a base di statine, spesso in dosaggi massicci, per (appunto) prevenire tale patologia.
La domanda è semplice e spontanea .. “la verità quale è e dove stà”? chissà se questo si può stabilire solo dicendo ed asserendo che in tali maniere si agisce per il bene delle persone.
Purtroppo il dato certo è che sempre più spesso, tra le persone regna l’ignoranza che deriva dall’ignorare e quindi non conoscere .. ed a volte l’ignoranza, a seconda dei casi, si trasforma in conoscenza .. forse quella conoscenza che da sconoscenza si trasforma in “se ce lo dicono loro .. che vuoi mettere in dubbio cioò che ci dicono .. basandoci su molteplici studi pubblicati”?
La ricerca scientifica si è ultimamente posta questa domanda: QUANTO SONO PERICOLOSE LE STATINE? PIU’ LA DOSE E’ ALTA PIU’ AUMENTA IL RISCHIO DI SOFFRIRE DI PROBLEMI MUSCOLARI E, NEI CASI PIU’ GRAVI, LE CELLULE DEI MUSCOLI POSSONO “ROMPERSI” (RABDOMIOLISI) E RILASCIARE NEL SANGUE UNA PROTEINA, LA MIOGLOBINA, CHE PUO’ DANNEGGIARE I RENI.
E’ IL CASO DI RICORDARE CHE I cinque eventi più frequentemente riportati in associazione all’uso di statine erano insonnia, sonnolenza, agitazione, confusione ed allucinazioni.
Diverse di queste segnalazioni vengono riportate anche nel sito internet della Fondazione Veronesi.
Nel Focus Farmacovigilanza 2014;84(5):4 ricordiamo che veniva pubblicato un articolo specifico a questo link https://www.farmacovigilanza.eu/content/disturbi-neuropsichiatrici-da-statine nel quale si specificava quanto segue: Sono ancora non univoche le prove riguardo a un possibile danno neuropsichiatrico da parte delle statine.
Gli effetti sul sistema nervoso centrale – Nel corso degli anni sono emerse prove a sostegno dell’ipotesi che le statine, efficaci nella prevenzione primaria e secondaria delle malattie coronariche grazie alla loro azione ipocolesterolemizzante,1 possano essere di beneficio in diverse malattie del sistema nervoso centrale, in particolare nel morbo di Alzheimer.2 Sebbene gli esiti degli studi clinici che hanno valutato le applicazioni potenziali delle statine nei disturbi neuropsichiatrici siano contrastanti, c’è accordo generale sul fatto che le statine possano esercitare effetti farmacologici sul sistema nervoso centrale. Questi effetti potrebbero essere anche dannosi e portare alla sospensione del trattamento con le statine, situazione che esporrebbe tuttavia il paziente al rischio di eventi cardiovascolari.
Il danno neuropsichiatrico
Una revisione3 ha cercato di fare il punto sulle prove disponibili circa il danno neuropsichiatrico delle statine. Le prime evidenze di effetti avversi centrali (sintomi depressivi, ideazione suicidaria e pensieri ossessivi) associati all’uso di statine sono emerse da case report. Successivamente dati di registri nazionali di segnalazione spontanea delle reazioni avverse hanno rilevato l’insorgenza di una pletora di sintomi psichiatrici in relazione all’uso di statine; in particolare in Nuova Zelanda4 sono stati descritti 203 report di eventi psichiatrici associati alle statine, che comprendevano 67 eventi avversi classificati come disturbi dell’umore, 30 come disturbi cognitivi, 51 come disturbi del sonno, 14 come disturbi della percezione e 107 come altre reazioni (astenia, affaticamento, letargia, malessere, sonnolenza e stanchezza). Per l’Italia, sono stati analizzati 60 report di disturbi psichiatrici associati con le statine contenuti nella banca dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco (4,3% delle reazioni totali segnalate per simvastatina, atorvastatina, fluvastatina, pravastatina, rosuvastatina e lovastatina).5 Una analisi di disproporzione di questi dati italiani non ha rilevato tuttavia un particolare rischio di segnalazione di eventi psichiatrici per le statine (ROR aggiustato: 0,7, limiti di confidenza al 95% da 0,6 a 1,0) con l’eccezione di un certo rischio di segnalazione di insonnia (ROR aggiustato: 3,3, limiti di confidenza al 95% da 1,9 a 5,7). Studi clinici randomizzati e studi osservazionali hanno cercato di valutare gli effetti delle statine sul comportamento e sull’umore utilizzando esiti che comprendevano aggressività, rabbia, ansia, depressione, atteggiamento ostile, impulsività e umore alterato.3 La maggior parte di questi studi non ha osservato effetti psichiatrici positivi o negativi, mentre solo in alcuni di essi sono stati rilevati rischi specifici per particolari statine (per esempio rischio di ricorrere all’uso di antidepressivi durante il trattamento con simvastatina: 1,59, limiti di confidenza al 95% da 1,08 a 2,45).6 L’alterazione delle funzioni cognitive è stata osservata soprattutto in studi descrittivi, ma dimostrata solo raramente in studi analitici. Le stesse considerazioni si possono fare anche per i disturbi del sonno e per le disfunzioni sessuali.3
Le reazioni avverse neuropsichiatriche delle statine sembrano quindi essere eventi rari e non prevenibili che si osservano più spesso in pazienti sensibili che probabilmente hanno alterazioni subcliniche della neurotrasmissione. I dati disponibili non ci consentono di stabilire se elementi quali età avanzata o storia pregressa di disturbi psichiatrici possano essere considerati fattori di rischio per lo sviluppo di questi eventi.3
La spiegazione farmacologica
I meccanismi farmacologici ipotizzabili per spiegare questi effetti sono molteplici, non mutualmente esclusivi. Questi effetti sarebbero effetti di classe e dose dipendenti. In alcuni casi sono stati descritti anche per altri farmaci ipolipemizzanti. E’ probabile (ma deve essere confermato) che si verifichino più spesso con statine di natura lipofila. Nella gran parte dei casi gli effetti neuropsichiatrici attribuiti alle statine si risolvono spontaneamente dopo la sospensione del trattamento o con l’introduzione di una dieta specifica ricca di omega-3.3
Che cosa fare
Quando si osservano queste reazioni avverse è importante assicurare comunque un trattamento ipocolesterolemizzante, soprattutto in prevenzione secondaria. Pertanto è opportuno prendere in esame le seguenti possibilità:3
· poiché in molti casi queste manifestazioni sono transitorie e si risolvono con il prosieguo della terapia, nei casi in cui le manifestazioni neuropsichiatriche siano lievi e il paziente sembri in grado di tollerarle, si può mantenere almeno per un periodo il trattamento con le statine;
· se i sintomi neuropsichiatrici sono da moderati a gravi, si può cercare di risolverli sostituendo la statina con un’altra statina che sia preferibilmente meno liofila;
· poiché ci sono evidenze a sostegno di una dose-dipendenza, è opportuno considerare anche la riduzione della dose prima di procedere alla sospensione definitiva della statina;
· l’uso di acidi grassi omega-3 può essere considerato come trattamento e potenzialmente per la profilassi;
· non ci sono prove che l’uso di farmaci psicotropi possa risolvere gli eventi; pertanto è opportuno ricorrere alla terapia farmacologica solo nel caso di sintomi particolarmente gravi e persistenti.
Bibliografia:
1. J Clin Lipidol 2013;7:102-8. CDI
2. J Neurol Sci 2012;322:59-63. CDI
3. CNS Drugs 2014;28:249-72. CDI
4. Drug Saf 2007;30:195-201. CDI
5. Drug Saf 2008;31:1115-23. CDI
6. Pharmacoepidemiol Drug Saf 1998;7:399-402.
Marco Tuccori – Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Centro FV Toscana
Nel contempo venerdì 18 agosto 2023, sempre su farmacovigilanza.eu al link https://www.farmacovigilanza.eu/content/esperienze-italiane-promuovere-la-segnalazione-spontanea veniva publicato un articolo dal titolo Esperienze italiane per promuovere la segnalazione spontanea nel quale si diceva:
Nel 2019 si sono registrate in Italia circa 65.000 segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse (ADR), di cui circa 58.000 da farmaci e 7.000 da vaccini, con una tendenza in crescita rispetto all’anno precedente. Con l’arrivo della pandemia da COVID-19, l’attività di segnalazione spontanea ha subito un importante decremento, attribuibile soprattutto all’aumentato impegno dei professionisti sanitari nelle attività di assistenza: nel 2020 sono state inserite nella RNF circa 41.700 segnalazioni (-36% rispetto al 2019). La diminuzione ha interessato in misura maggiore le segnalazioni sui farmaci.
Nel 2021, durante la campagna vaccinale contro il COVID-19, le segnalazioni sui vaccini sono aumentate in modo esponenziale, superando il valore di 136.500. Al contrario, le segnalazioni sui farmaci sono ulteriormente diminuite del 20% (circa 29.000). La situazione del 2022 risente della “coda” della campagna vaccinale; le segnalazioni sui vaccini, seppur diminuite di oltre 4 volte rispetto all’anno precedente, sono rimaste un numero elevato, superiore a 31.000. Le segnalazioni sui farmaci non sono invece tornate ai valori pre-pandemici e risultano dimezzate rispetto al 2019 (circa 29.200). La campagna vaccinale di massa per il COVID-19 ha permesso di far conoscere l’attività della segnalazione spontanea anche al personale non sanitario, che ha contribuito ai numeri elevati di segnalazioni. Probabilmente l’eccessiva stimolazione alla segnalazione in una situazione emergenziale ha fatto calare l’interesse nell’attuale situazione di normalità Pertanto, è importante che i Centri regionali di farmacovigilanza e le Aziende sanitarie ed ospedaliere mettano in atto tempestivamente azioni volte a sensibilizzare i professionisti sanitari ed i cittadini sull’importanza della segnalazione spontanea.
Di questo si è discusso nel “web workshop” dell’ISOP del 17 maggio 2023, nel corso del quale sono stati presentati una dozzina di progetti per stimolare la segnalazione spontanea.
IL 26 LUGLIO 2013 L’AIFA AVEVA PUBBLICATO QUESTO ARTICOLO:
Le statine, interagendo con alcuni antibiotici, possono causare una reazione tossica. I medici dovrebbero evitare di ordinare alcuni antibiotici per i pazienti anziani che assumono statine per abbassare il colesterolo secondo uno studio condotto da ricercatori canadesi.
Le statine, che sono assunte da molti milioni di persone, non si associano bene con alcuni antibiotici come la claritromicina o l’eritromicina, secondo uno studio, pubblicato su “Annals of Internal Medicine”. Questi due antibiotici, di utilizzo comune, inibiscono il metabolismo delle statine e aumentano la loro concentrazione nel sangue, che può causare danni muscolari o ai reni, e persino la morte, secondo quanto sostenuto dagli autori dello studio. “Questi farmaci interagiscono e creano problemi per i pazienti”, ha detto il ricercatore Dr. Amit Garg, un professore del dipartimento di epidemiologia e biostatistica della University of Western Ontario in London, Ontario. Queste reazioni avverse sono rare, ha aggiunto Garg. “La maggior parte delle persone non avrà problemi,” ha detto. “Ma a livello di popolazione, si stanno verificando centinaia di ricoveri prevenibili.”
Per chi deve assumere una statina, lo studio suggerisce che la sostituzione degli antibiotici con l’azitromicina garantisce più sicurezza perché non interferisce con il metabolismo delle statine. Un’altra strategia è quella di fermare l’assunzione di statine fino a quando l’assunzione degli antibiotici non sia finita, secondo il Dr. Garg. Lo studio ha preso in considerazione di più di 144.000 utilizzatori di statine di età superiore ai 65 comparando quelli a cui è stata prescritta claritromicina o eritromicina a quelli trattati con azitromicina.
In termini di rischio assoluto, le probabilità di danno renale sono risultate aumentate del 26 per cento tra le persone che hanno assunto claritromicina o eritromicina e statine rispetto ai pazienti che assumevano azitromicina con statine. Inoltre, le ospedalizzazioni per danni muscolari (una condizione chiamata rabdomiolisi) e le morti sono state leggermente superiori, dello 0,02 per cento e 0,25 per cento, rispettivamente, nei gruppi di claritromicina o eritromicina, rispetto al gruppo azitromicina.
I dati dello studio hanno incluso più di 73.000 pazienti a cui era stata prescritta claritromicina, circa 3.200 che assumevano eritromicina e più di 68.000 persone che assumevano azitromicina. Quasi tre quarti degli utilizzatori di statine stavano prendendo atorvastatina. Le altre statine comunemente usate erano simvastatina, e lovastatina.
Claritromicina ed eritromicina sono spesso prescritte per malattie respiratorie come la polmonite. Di recente la Food and Drug Administration (FDA) ha avvertito che le statine non interagiscono bene con questi e alcuni altri farmaci usati per trattare l’HIV e l’epatite. Gli autori dello studio hanno notato che i pazienti più giovani hanno meno probabilità rispetto agli adulti più anziani a manifestare gravi effetti indesiderati da interazioni farmacologiche.
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